mercoledì 12 agosto 2009

S.O.S. Tartarughe

Sta succedendo qualcosa alle Tartarughe nel Nord Adriatico; la Fondazione Cetacea continua a raccogliere tartarughe debilitate che si spiaggiano.



Ne parla Marco Affronte nel suo Blog qui, chiunque voglia aiutare la Fondazione può farlo in vari modi, economico clicca qui o, per chi è del posto, aiutandoli a recuperare le altre eventuali tartarughe in difficoltà.

Se qualcuno fosse in zona consiglio vivamente di andarli a trovare (sono a Riccione, Viale Torino 7/a, praticamente sul Lungomare)per rendersi conto di quello che fanno e quante difficoltà devono superare quotidinamente.

A loro la mia ammirazione per quello che fanno.

sabato 1 agosto 2009

Ma il mare non vale una cicca?

Copio dal sito di Mare Vivo....è uno degli usi più diffusi e più "antipatici" (mi verrebbero altri termini...) delle persone....



Campagna realizzata in collaborazione con JTI, con il supporto del SIB,
con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Corpo delle Capitanerie di Porto

8 e 9 agosto 2009 su 100 spiagge italiane

Premesso che qualsiasi rifiuto abbandonato comporta un danno all’ambiente ed un costo per la sua rimozione, è di fondamentale importanza attivare campagne e iniziative volte a stimolare e promuovere nei cittadini comportamenti consapevoli ed eco-sostenibili che possano coinvolgerli nella gestione e cura del proprio ambiente di vita, dal centro più urbanizzato alla spiaggia più naturale.
In particolare il gesto, apparentemente trascurabile, di gettare via un mozzicone oltre che essere un segno di totale mancanza di coscienza civile ed ambientale ha dietro di sé una forte serie di implicazioni.
Ciò premesso, l’Associazione Marevivo realizzerà nei giorni 8 e 9 agosto 2009, una campagna mirata a sensibilizzare l’opinione pubblica al fine di scoraggiare il rilascio nell’ambiente dei mozziconi di sigarette e a sollecitare comportamenti sostenibili lungo le spiagge italiane. Lo strumento per la realizzazione di tale obiettivo sarà un posacenere portatile all’interno di un folder contenente informazioni relative all’impatto dei mozziconi abbandonati nell’ambiente.

mercoledì 29 luglio 2009

Il mare mi apparve...

Il mare mi apparve; che era infinito e tranquillo.

Era azzurro infinito, e nel lontano grandi strisce d'argento lo imbiancavano lunghe fino agli estremi orizzonti. La luce saliva dal mare, scendeva dal cielo, brillava nell'aria. Il mare era quieto e sicuro, solo un tremante margine di spuma sul lido tradiva il suo piacere di vivere. Azzurro e luce volavano sopra la terra. Il mare e il cielo respiravano luce e calore e ne inondavano il mondo.




I miei occhi si riempirono di lacrime tenere.

M'appoggiai allo spigolo di un muro. Ero nell'ombra, l'ombra del muro, che si stendeva fino a due passi da me stampata nera e diritta nella rena brillante: e oltre quella linea la rena continuava nella luce per un vasto spazio fino a un orlo di ghiaia dove finisce la terra.

Perché io sostavo così dentro quell'ombra del muro, per questo il mare non mi aveva ancora veduto.

Allora mi staccai dal muro e uscii all'aperto in mezzo a tutta la luce in faccia al mare.

Ed ecco di colpo s'oscurò rabbrividendo il sole e un tremito scosse il mondo come un gran terremoto dell'aria; d'improvviso tutto fu grigio e tempesta intorno a me, ed era spaventevolmente sconvolta la faccia del mare. Una ruga enorme d'un tratto l'avea tutta solcata dalla riva all'orizzonte come una voragine torbida, e poi altre cento o mille rughe lo frantumarono; caverne si scavarono e montagne s'arrampicarono: tutto si riaccavallò il mare di acque immerse che lo sconquassavano schiumando con una gran rabbia in tutte le direzioni. Le onde si mescolavano in alto con le nubi e riempivano l'aria di grida terribili correndo fragorosamente a rovesciarsi sempre più cavernose e colleriche contro la spiaggia: l'aria era piena di gelo e la sbattevano i venti. Anche il cielo era gonfio di nuvole e rabbioso e nero, perché il cielo non è che la fronte espressiva del mare.




Io fui subito molto contento che il mare mi trattava a quel modo. S'egli mi avesse accolto con indifferenza, o con una fredda e signorile cortesia come fa con certa gente, oppure - e ora confesso che questa era, fin dall'ora della mia partenza sul treno, il mio segreto timore - avesse addirittura finto di non riconoscermi, credo sarei morto dal dispiacere e dall'umiliazione. Invece il mare appena mi ebbe visto si corrucciò e m'aggredì con urli e minacciosi improperi, perché mi voleva ancora bene, come lui sa volere quando trova qualcuno che gli va a genio.

Perciò il mio cuore si gonfiò di gioia a quell'accoglienza iraconda. Non alzai verso lui le braccia, per un mio vecchio pudore dei gesti fatti; e nemmeno gli dissi nulla: neppure una parola. Credo che gli sorrisi.

Massimo Bontempelli, 1925

mercoledì 17 giugno 2009

Io in spiaggia a Rimini e Riccione? Mai! E invece....

Ops! E’ passato più di un mese dall’ultimo post? Azz se passa velocemente il tempo!!! Rimedio subito, oggi si parla di…PAGURO!!! (noooo non il mollusco! E’ un mollusco vero Kix?) il Relitto!!
Come qualcuno sa Belva ormai viaggia con l’attrezzatura fissa in tax…ehm in macchina e questa volta il lavoro mi ha bloccato a Mantova per il WE (Mantova, sebbene circondata dall’acqua non è proprio meta da turismo subacqueo...però ci sono fiori di Loto ma come direbbe Lucarelli: ma questa, è un'altra storia..) e allora mi viene in mente che non tanto distante dalla città Gonzaghesca c’è un relitto che ho sempre voluto fare: Il Paguro!
Il Paguro è una vecchia piattaforma petrolifera



(in realtà per l’estrazione di Gas, ma così rende meglio l’idea); nel 1965, dopo due anni di lavoro, un incidente provoca l’affondamento della piattaforma e la morte, purtroppo, di tre persone (lo dico perchè spesso ci si dimentica, visitando i relitti, che c'è anche una storia dietro..)

Se volete altre notizie,le trovate qui).


Ho una concezione tutta mia dei relitti; spesso penso che la gente ci vada senza il giusto rispetto non solo di chi non è sopravissuto ma anche di chi, semplicemente, c’è stato, ci ha vissuto..lo ha vissuto; un uomo di mare (di quelli veri) un giorno mi ha parlato della Malattia del Ferro e….e come direbbe sempre Luccarelli: ma questa etc etc.

Insomma, nel caldo sabato Mantovano cerco il diving che mi sembra più adatto (con più gnoc...ehm e dai scherzo!), prenoto e son già lì (con la testa almeno! È ancora sabato…sabato sera e mi prepraro mentalmente con insalatina di rinforzo con pascetti del Garda e Tagliata Piemontese che non vi dico cos’era! Certo, c’era anche Vino, rosso, sempre del Garda ;-) )

Insomma Domenica mattina faccio quello che non avrei mai pensato di fare in vita mia: mi metto in macchina per andare al mare a Rimini!!! E si, l’imbarco è lì, ma stare in coda con tutta la gente che va in Riviera mi fa tanto….ringraziare di essere come sono! E di andare a Rimini per fare immersione!

Il Diving è molto organizzato, ci si cambia, veste e assembla più che comodamente, l’imbarcadero è a due passi, le bombole le metton su loro…che caxxx volere di più?
Il Gommone (tantissimi metri e 500 cv….) è più che comodo, il clima molto goliardico- Romagnolo (i “ma dai patacca” e “vai tigrotto” si sprecano), ci sono 30 bei minuti di navigazioni per rimettere insieme i pensieri; la navigazione, ogni volta, è il momento in cui più mi isolo e mi godo il mare; ogni volta, puntualmente, quando comincia la navigazione sto bene. Anzi…sono proprio contento!
Ringrazio di essere lì, è bello. Semplicemente bello.

La giornata è meglio del previsto, sole, niente vento e zero, quasi, onda; il relitto è fuori (12 Miglia), tutt’intorno le altre piattaforme rendono il clima un po’ surreale, piacevole comunque.

Salto in acqua, vestizione e giù; la visibilità è quella che mi aspettavo (tipo “risaia”, risaia per intenderci), almeno nei primi metri il relitto si intravede (anzi, a tratti, si percepisce) ma la sua imponenza si fa sentire; c’è tanto di quel pesce che penso, anzi son sicuro, di non averne mai visto così tanto in Mediterraneo (le Tremiti per varietà, ma per quantità qui non c’è storia).

Saraghi, Salpe, pesce azzurro, gronchi, MANDRIE di nudibranchi che Kix e Pierpins impazzirebbero, cozze (e qui mi viene un pò di malinconia perchè penso a tutte le mia amiche sub...sigh:-p)e ostriche (tante aperte…..e il pesce che si avvicina, anche troppo, fa capire che un po’ l’equilibrio, dando da mangiare ai pesci intendo, si è alterato….).

Bacetto alla Madonnina e si torna su, pizza bianca bagnata in mare (ricorda qualcosa Kix?) e di nuovo quella bella sensazione durante il rientro…...

Si vado veloce nella descrizione perché poi non è mica finita qui la Domenica, anzi!
E’ da tempo che seguo questo blog, di Marco Affronte, responsabile scientifico di Fondazione Cetacea (una fondazione che si occupa di ricerca, di educazione ambientale e anche di recupero di tartarughe e delfini in difficoltà); da un mesetto Marco è riuscito a coronare un suo sogno aprendo ADRIA, uno spazio aperto e COMPLETAMENTE GRATUITO interamente dedicato al Mare e ai suoi abitanti.
Ovviamente, essendo in zona, a due passi da Riccione, come non potevo andare a guardare le tedesch…ehm a trovare Marco? Ci sono andato ed era come l’immaginavo, uno spazio appena nato, con persone innamorate del mare e…tante tartarughe!
E si perché nelle vasche c’erano tartarughe recuperate in vari posti d’Italia che presto, dopo le cure del centro, verranno rimesse in libertà (alcune così piccole non le avevo mai viste); l’unico mio cruccio è non aver avuto una macchina fotografica a disposizione(provato con il cell ma...)….meglio, così a voi viene più voglia e ci andate!!!




Era bellissimo vedere le facce dei bambini che guardavano le tartarughe….dimenticavo, essendo assolutamente gratuita ADRIA ha bisogno di fondi, quindi, se qualcuno vuole….

Il rientro ve lo risparmi perchè parlarebbe del solito delirio autostradale, ma ero bello azotato e soddisfatto, fuori il traffico e dentro il mare, mi sta bene. ;-)

Beh, ora vi saluto, perdonate i miei refusi (che spero la mia correttrice di bozze correggerà.......tààààààààààààààààààààà)

Cià!

(Le foto sono di proprietà dell'Associazione Paguro)

martedì 12 maggio 2009

Pensano, e mangiano, e sonnecchiano, e fanno l'amore, e giocano. Nient'altro.

Qualcuno lo conosce già...ma lo metto qui così me lo ripeto anch'io!
Trovato tempo fa su internet:

Ho portato il mio ineffabile nipotino Richi al delfinario di Gardaland. Smania per i delfini; tutti i bambini lo fanno e non ce n'è uno che nei pressi del suo lettino non abbia, come lui, un mega delfinario in gomma, plastica e peluches.
Chissà quale segreta intesa lega i bambini ai delfini, così distanti che forse non potranno nemmeno mai vederli, così vicini da essere più rassicuranti di qualunque altro animale, cucciolo di famiglia compreso. Ma se li osservate, i bambini, mentre si parlano con i delfini in un loro muto alfabeto che sa valicare barriere di vetro corazzato e tonnellate di acqua, non potete dubitare che una corrente emozionale molto particolare, intima direi, corre dagli uni agli altri.
Guardo Richi e non so cogliere il segreto; vedo solo che né con gli animali di casa, né con quelli fantastici dei suoi cartoni e dei suoi giochi prova emozioni così intense. Guardo i delfini e mi chiedo cosa pensino di Richi, di me, dell'Universo, della vita. Ho appena letto un vecchio numero di Lancet, la rivista scientifica inglese, e ora so che i delfini sono probabilmente gli animali più intelligenti del creato. Intendo tutti gli animali, me compreso. E voi, se mi permettete l'audacia. Sono talmente intelligenti che a un certo punto della loro evoluzione, avrebbero potuto giocarsi il dominio del Terra proprio con noi. Ma hanno scelto qualcos'altro; se ne sono restati in acqua a pensare a chissà che. Perché pensano, molto, e ne parlano tra loro. E forse ne parlano ai bambini.
Pensano, e mangiano, e sonnecchiano, e fanno l'amore, e giocano. Nient'altro. Di tutto il resto non sanno che farsene; e il resto è tutto ciò che invece noi abbiamo voluto imparare a fare. Lancet dice che i delfini sono gli animali che lavorano di meno in assoluto; dedicano meno tempo di qualunque altro essere vivente superiore ad attività utilitaristiche, azioni volte a scopi pratici. Meno persino dei felini, che ci sembra passino la vita a sonnecchiare. L'animale che lavora di più è la formica; che per altro è di intelligenza estremamente limitata: sembra che sappia fare bene le sue cose, ma solo perché è limitata al massimo nella possibilità di scelta. Sa dare solo poche risposte semplici a pochi semplici impulsi; è un organismo molto specializzato ma stupido. Può capitare di confondere l'ottusa operosità con l'intelligenza. Ma se tra gli animali inseriamo anche la specie homo sapiens sapiens, allora, sorprendentemente siamo noi che passiamo più tempo a darci da fare. Lavoriamo il doppio delle formiche. Lo dice Lancet, e fa vedere per bene tutti i conti.
Guardo i delfini e mi sorgono dal profondo alcune domande cretine. Domanda cretina numero 1. Vorrà dire qualcosa se l'animale più stupido lavora più di tutti e quello più intelligente trascorre la sua vita tra gli spassi? Domanda cretina numero 2. Quanto è più intelligente dei delfini l'homo sapiens sapiens, la specie dominante che sta lavorando alacremente giorno e notte con l'unico scopo visibile di distruggere ogni cosa sulla Terra, a partire da se stessa?
Qualcuno sa rispondere? Lancet si limita a constatare che i delfini hanno fatto una scelta e gli uomini un'altra. Non parla di scelte giuste o sbagliate, dice solo che è andata così, e né loro né noi possiamo più cambiare strada. Ma guardo Richi che parla con i delfini e non so cosa darei per sapere quello che si stanno dicendo. Cosa ci tengono nascosto dei loro segreti. Intanto constato che ho dovuto lavorare anche per pagare il biglietto che mi permette di stare a guardare una coppia di delfini che mi sbatte in faccia il suo totale disinteresse per il mio faticare.

domenica 19 aprile 2009

Elogio alla Focaccia

Non scrivo da un pò....in questo tempo c'è stata Ventotene, Pasqua, qualche immersione e tanti chilometri, un pò di pensieri, tante persone....ma poca voglia di scrivere! :-)
Sono a Bari di Passaggio e come a volte capita anche un semplice odore ti risveglia ricordi e sensazioni che nn sapevi dove fossero finiti....mi è venuto in mente allora l'ultimo romanzo di Carofiglio dove c'è una splendida descrizione...........della focaccia barese! :-) Che è molto più di un cibo qui....

La focaccia barese si prepara mescolando farina di grano tenero, sale, lievito e acqua. Ne deriva un impasto piuttosto liquido che si versa in una teglia rotonda, si condisce con olio, pomodori freschi, olive e poi si cuoce nel forno a legna. Proprio perché l’impasto è liquido, i pezzi di pomodoro e le olive sprofondano nella pasta, creando e riempiendo dei piccoli crateri morbidi che diventano le parti più buone della focaccia. Si mangia calda ma non bollente, avvolta in un pezzo di carta da panificio, uscendo da scuola, al mare, per cena o anche per pranzo (o merenda o anche colazione, ma questa è roba da esperti): veloce, economico e deliziosamente unto.
La focaccia è una delle cose più buone al mondo. Mi trattengo dal dire che è la più buona per mantenere un minimo di prospettiva e per evitare il delirio campanilistico. Ci sono quelle sottili e croccanti, quelle alte e soffici, quelle con l’aggiunta delle patate o del rosmarino e molte altre varianti. Anche se la vera focaccia è quella con pomodori, olive, bordi bruciacchiati e basta. Va accompagnata, possibilmente, da una bella bottiglia di birra molto fredda. Se poi uno ha proprio voglia di un’incursione nell’alta cucina, il piacere supremo è la focaccia calda farcita con fette sottilissime di mortadella. La mortadella tagliata sottile, al contatto con la mollica calda e fragrante, sprigiona un profumo che fa impazzire le ghiandole salivari.
A differenza di molte cose buone, che sono scarse e spesso costose, la focaccia, a Bari, si trova ovunque ci sia un panificio. Cioè ovunque,e tutti se la possono comprare.
La focaccia, a Bari, è una metafora dell’uguaglianza e uno dei pochi simboli (fra questi, degne di nota anche le cozze crude) in cui i baresi riconoscono la loro identità collettiva.

mercoledì 25 marzo 2009

Uomini di mare

Visto che la vita da vagabondo lascia ben poco spazio al mare (e quel poco spazio è occupato dal maltempo....sgrunt!) il we passato è stata l'occasione per fare finalmente visita agli amici filibustieri...scriverei un bel post ma perchè privarvi dei meravigliosi testi e delle meravigliose foto dell'amica Franc...ehm pardon, Chicca o come dicon tutti Kix (oh, spero non stiate pensando che me al voglio scansare...:-pp)
Scherzi a parte una meravigliosa Domenica con Kix & Simo, Vale & Marco & il piccolo pesciolino, Cuggina (che ringrazio per aver pazientemente sopportato le mille e una domanda sulla vita dei polpi :-) )....insomma una bella domenica con chi il mare lo vive davvero....e allora mi sono ricordato di un bel testo letto tempo fa, che parla di gente di mare, che anche se il mare non è proprio lì a portata di mano


Non voglio ora discriminare tutta quella parte di umanità che per circostanze di vita o per occasioni mancate, ha eluso dall'esistenza il suo rapporto con il mare. Il mare è innanzitutto uno stato d'animo, un'inclinazione emotiva, una vocazione congenita alla propria natura.

Si può essere uomini (o donne) di mare anche restando una vita intera sulla terra, poiché l'esperienza reale è a volte più debole e meno avventurosa di un anelito interiore e di tutto ciò che esso può determinare nella vita solo pensata e immaginata.

Chi sono dunque gli uomini di mare? Ne ho incontrato qualcuno nel corso degli anni, più sui libri o nei sogni, a dire il vero, che sulle banchine di un porto; ma mettendo insieme i pezzi degli uni e i frammenti degli altri, mi sono fatta un'idea di cosa intendo quando penso ad un uomo di mare.

Penso ad un essere che nel volto esprime bellezza e tormento; penso ad una voce capace di note profonde come di smisurati silenzi; penso ad una disposizione del vivere che, come direbbe Benedetto Croce, sia "l'unione del tumulto e della calma, dell'impulso passionale e della mente". Penso, tuttavia, ad un essere in qualche modo eletto, la cui anima sia solcata dalla scia di un'eterna ribellione, da un moto di vitale tensione.

E immagino anche che un uomo di mare navighi tra i suoi giorni e le sue notti cercando approdo nell'arcipelago dei sentimenti estremi e contrapposti, e sfugga sempre agli ancoraggi definitivi e irrevocabili.

Gli uomini di mare a cui penso hanno dentro di sé cieli azzurri e tersi sopra mari in burrasca; cercano lagune radiose tra le scogliere battute dal vento, riescono a costruire castelli di sabbia su una riva saccheggiata dalle onde dell'oceano. Vivono insomma in quella selvaggia sponda della vita dove l'istinto e la ragione si combattono in un abbraccio inestricabile. Gli uomini di mare che vorrei incontrare hanno nei pensieri il respiro degli spazi sterminati, la perturbabilità delle emozioni, l'impeto di un'onda e la sua stessa resa.

Agli uomini di mare vorrei che il mare stesso avesse detto che quella solare superficie non è che l'altra faccia della sua profondità e che la calma di vento segue alla tempesta. Vorrei che dicesse loro, di come ogni ombra disegni l'esatto profilo del sole, così come ogni bagliore di felicità sia l'emersione dal sottofondo di un dolore.

Negli uomini di mare, le rare volte che li incontri, incroci quello sguardo impenetrabile di chi negli occhi riflette sempre un punto di fuga più lontano; è uno sguardo benevolo e fuggente; in quegli occhi, a guardar bene, vibra la luce di una cieca infatuazione per la libertà.

Gli uomini di mare che ho letto e visto hanno sempre qualcosa di tutto ciò che ho scritto: li attraversa una corrente, li lambisce un'illusione, li tiene in vita un orizzonte. Nessuno di essi ha l'animo legato ad un ormeggio, il cuore fermo in porto e una rotta già scritta sulla carta. Per tutti loro il mare, mi è sembrato di capire, è la terra di una vita promessa, è il ricordo di una libertà negata, il risveglio di una libertà sognata. O, più semplicemente, l'aspirazione ad una vita che viva sopra le righe, sopra le onde, sopra le ore e i giorni.


da "le parole del mare" di Valeria Serra

giovedì 19 marzo 2009

" Rais, ‘i purtasse ‘nterra "

Sto finalmente leggendo un libro che per un motivo o per l'altro non riuscivo mai a leggere, Corallari, di Ninni Ravazza. Il libro è davvero fantastico e così, per ogni autore che mi appassiona, poi comincio a cercare altre informazioni e altre storie, se le ha scritte.
Sono incappato in una serie di racconti sul sito Cosedimare e tra questi, c'era questa bellissima intervista ad uno degli ultimi Rais (i capi di tonnara); per quanto ad alcuni appare cruenta, l'attività di una tonnara era fatta da gente di mare, di vera genta di mare, che mai ha mancato di rispetto all'elemento.
Spero che piaccia anche a voi:

Il rais Isidoro “Sarino” Renda, recentemente morto a 93 anni, due terzi della sua vita l'ha vissuto nella tonnara e per la tonnara, dove ha ricoperto tutti gli incarichi, dal cordaro al capobarca, per divenire rais a soli 35 anni, allora il più giovane rais del Mediterraneo.
Con lui si è chiusa la generazione dei famosi rais Renda di Bonagia, che ha annoverato il nonno, il padre ed il cugino: Isidoro “Saroro”, Salvatore, Pio, infine lui Sarino, una stirpe di rais.
Per 34 stagioni è stato il comandante assoluto di reti, tonni e uomini, fino al 1979 quando un infarto lo obbligò ad una vita più tranquilla.
Cosedimare vuole ricordare rais Sarino pubblicando lo stralcio di una lunga intervista raccolta nel 2001 da Ninni Ravazza. E’ il rais che parla …



Sono entrato in tonnara che avevo 14 anni, abbuavo, vogavo, nella muciara di mio nonno rais Saroro, a 14 anni ho preso il remo, io la gavetta ho fatto! Poi sono stato capoguardia sul “rimorchio”, avevo quattordici persone al remo, allora non ce n’erano motori!

Un giorno del 1944 Mario Fontana, uno dei padroni della tonnara di Bonagia, mi chiamò e mi disse se me la sentivo di fare il rais, avevo 35 anni, diventai il più giovane rais della Sicilia; il primo anno ho preso 600 tonni, poi 800, poi anche 1200. Nel ‘63 abbiamo preso 700 e passa tonni, grossi, erano tutti contenti, il giorno dell’Ascensione a me mi vennero a prendere a casa con la musica, la banda; nel ’64 invece la stagione fu disastrosa, acque bianche, inutile mettere lo specchio a mare, le segherie scaricavano notte e giorno, prendemmo 40 tonni ma all’ultimo, perché l’acqua inchiariu un poco, il tonno vuole le acque limpide.

Quando nel 1965 alla tonnara di Bonagia subentrò la nuova società dissi all’amministratore che dovevamo andare fuori l’orlo, a 4 mila metri da terra, su un fondale di 57 metri; i padroni dissero va bene, feci il preventivo, e lì calammo: andò bene, facemmo una mattanza di 270 tonni con una media di 318 chili l’uno, un pesce di 200 chili non c’era, ni vittimu persi! Quell’anno abbiamo fatto più di 1.700 tonni, però la zona era troppo sofferente di corrente, l’acqua era chiara, ma la rete si strappava per la corrente.

Io quando ho cominciato a fare il rais guadagnavo 14 lire al giorno e quattro parti di migghiariato, il faratico ne guadagnava 6 e aveva una parte di migghiariato; il tonno a ‘gghiotta, ogni 400 tonni il più grosso, veniva diviso a tutta la ciurma ed era uguale per tutti.

Però non ho fatto il rais solo a Bonagia, negli anni ’50 e ’60 sono stato anche nelle tonnare di Libia, quelle dei trapanesi e anche quelle dei palermitani, e una volta dovevo calare anche una tonnara in Sardegna per conto della Contessa Rigotti di Roma, che era la proprietaria di una tonnara in Libia dove avevo lavorato, ma poi ci ripensò e non si fece niente.

Quante mattanze ho fatto, a Bonagia, Sancusumano, a Tripoli! Una volta era diverso, non è come oggi che i tonni si vendono ai giapponesi e il prezzo è sempre lo stesso, prima si doveva guardare il mercato, se i pesci mancavano allora il proprietario diceva di fare mattanza così il tonno aveva un prezzo buono: Rais, ‘i purtasse ‘nterra mi dicevano la sera.

Quando ho cominciato a fare il rais la mattina si usciva dal porto che era ancora buio, non c’erano i rimorchiatori a motore, si niscìa ‘u rimo. I rimorchi avevano un equipaggio di 15 persone, un capobarca, due marinai ‘a parte e dodici faratici, ogni rimorchio aveva quattordici remi, e aveva al traino il suo parascarmo o un vascello, ma anche le barche andavano a remi in tonnara. Per arrivare all’isola della tonnara di Bonagia ci mettevamo tre quarti d’ora, però sempre a ‘bbuare, a vogare, c’era gente pratica allora.

La ciurma cominciava a lavorare i primi d’aprile; quando era tutto pronto veniva il momento di comporre gli equipaggi delle barche. Il rais chiamava tutti, e divideva la ciurma; prima si sceglieva i suoi muciaroti, poi li faceva scegliere al sottorais, poi i capibarca facìano u toccu e cu niscia si sceglìa i soi. Dopo che la ciurma era stata divisa nelle barche, ogni equipaggio si prendeva il suo capobarca in braccio e se ne andavano alla “bottega del vino”, e il capobarca pagava da bere.

Allora ogni equipaggio voleva essere il migliore, c’era sempre una gara a chi arrivava per primo, i nassaioli erano bravissimi a vogare, a volte nella prescia di arrivare le barche sbattevano una contro l’altra, oppure se ne andavano in secca sul bassofondo.

La mattina del crociato il rais usciva prima con la muciara, e a remi se ne andava in tonnara; ogni equipaggio si imbarcava sul suo rimorchio, e si pigliava al traino il parascarmo che era di legno e più piccolino di ora, tutti si ammazzavano ai remi, e chi arrivava primo sul posto si metteva a vuciare per la soddisfazione.

Quando arrivavano i primi tonni c’era ‘a campaniata; di nascosto il capomuciara veniva a terra, gli altri non lo sapevano ma se lo immaginavano, entrava nello stabilimento dalla parte di Sant’Angelo, saliva sopra la torre e suonava, Ta ta ta, ‘na bedda scampaniata, allegria!

Quando era tempo di mattanza, l’amministratore della tonnara faceva venire allo stabilimento lo scapecere, ‘u barracchere capo della ciurma di terra, i bottai, entravano tutti assieme e preparavano le attrezzature, le botti, i coltelli.

Che si poteva mattanzare noi lo sapevamo la sera prima; la mattina uscivamo che era ancora buio, sulla muciara eravamo in otto, io, un capomuciara e sei remi, appena arrivavamo guardavo se i tonni erano nella cammara: lo specchio si cominciò a usare due anni dopo che sono diventato rais, prima c’era basso fondo, i pesci si ombravano, noi non entravamo nella “camera” se non usciva il sole, c’era delicatezza, ora si usano le reti di nylon ma prima bisognava stare attenti a non spaventare i tonni, perché potevano rompere le reti di cocco e fuggire dalla tonnara.

Se tutto era a posto e la corrente era propizia, si incasteddava, si mettevano le barche a quadrato con la rete tirata sui bordi, poi il sottorais mi domandava se poteva mollare ‘a porta cannapa, se la corrente era buona gli dicevo: Modda! e lui calava la porta che immette nel corpu, poi guardava come scendeva e mi rassicurava “s’arrisittàu a porta”; a quel punto si moddava a bastardella e io pregavo “Un credu ‘u Signuri”, e tutti rispondevano “Sia laurato!”.

Solo io sapevo quanti pesci c’erano nella camera, ma una volta che le porte erano aperte dovevo dire al mio sottorais quanti pesci c’erano, perché così poteva dare l’ordine di alzare le porte quando i tonni passavano: Mommo gli dicevo, Palermo, per esempio, perché prima gli facevo segno con le mani, ma tutti mi guardavano e allora potevano capire quanti tonni c’erano, e allora col sottorais Mommo Solina, che poi è diventato rais quando mi sono ritirato, usavamo parole scelte: Trapani voleva dire 50 tonni, Palermo era 100, Castellammare 150, e Messina 200, quando erano di più gli dicevo “oltre”, e così nessuno capiva niente.

Quando le porte erano mollate io con la muciara stavo al centro della cammara, e quando vedevo i tonni andare a ponente gli gridavo “Viri chi venno a ‘ttia” e allora tutti si mettevano pronti, poi finalmente il grido dei capibarca “Levaaa, Aisa!”, i tonni erano entrati nel corpu e i pescatori li avevano chiusi, stagghiati.

Il vascello di levante era pronto fuori, sottovento, gli uomini legavano la porta sul musarzio della porta cannapa e tiravano il vascello dentro, le barche piccole si levavano e tutti salivano sul vascello, io entravo nella leva, e passando accanto al sottorais gli chiedevo “Com’è, Mommo?” e lui mi diceva se erano passati tutti o eravamo arristati anniscati, io allora entravo nel corpu e mi mettevo a guardare: ccà sunno, allora i tonnaroti cominciavano ad assummare ‘u corpu, io col capomuciara stavo ‘nto mezzu ‘a leva, e davo gli ordini: trasi ‘u vascello, tènilo ritto, agguantalo, fallo camminare dritto, se c’era corrente auta era difficile tenerlo dritto, poi quando ‘a tunnina sparava c’era una grande confusione, e allora prendevo la sassola e ci jettava acqua ‘nfaccia ‘i tonnaroti, per calmarli: ascoltate a me, tu assumma, un ‘nni faciti iri tutti a ‘nna bbanna, bisogna arrivare ai stagghi con il vascello dritto perché se no si fanno pieghe e i tonni possono scaricare; quando il quadrato era chiuso davo l’ordine: ammuscedda! e allora cominciava la mattanza con le aste e i corchi.

Alla fine, quando tutti i tonni erano sul vascello, davo l’ordine: Modda! e i tonnaroti slegavano i muscedda, il vascello veniva trasportato a terra dal rimorchio, a remi.

A volte tonni ne prendevamo tanti e tanto grossi, che il vascello non riusciva a entrare nel porto di Bonagia e si arenava, e lo dovevamo tirare da terra con le funi; quando la barca arrivava sotto il malfaraggio, c’era un portone solo, era tutto balatato, i tonni si buttavano a mare, e da terra sette, otto persone se li tiravano; i tonni poi li portavano nello stabilimento i massari, un pesce di 150/200 chili se lo portava un uomo solo, se invece era di 250/300 chili si mettevamo in tre, uno in mezzo e due alle estremità, con le “cinghiette”, e lo aisavano. Poi li incominciavano a scugghiare, i padroni si mettevano davanti e guardavano, si levava il lattume e a ventre e ‘u camparioto si li portava nella camparìa. Quando eravamo ‘nto centro pisca e arrivavano più tonni, i tagliatori si svegliavano verso l’una e mezzo le due della notte, e si sentivano le grida, i vuttara che dicìano “Ettalo!” c’era a chianca, il massaro ci portava il tonno sulla chianca, e tac tac, si sentiva il rumore dei coltelli, e quando si cuoceva dal fumaiolo usciva l’odore aspro dei tonni.

martedì 17 marzo 2009

Un Gran bel Week End

Sono giorni che provo a mettere giu' il resoconto di questi giorni baresi ma non ci riesco!! Troppe le cose (belle) successe e troppo solitario il neurone per metterle in ordine, quindi, cercherò di riassumerle per grandi temi (e prego fin da ora la mia corretrice di bozze di correggere tutte le cavolate :-D ):

Puglia
E' la mia terra e la adoro! E' fantastica poi in questi giorni di quasi primavera...dopo l'inverno passato era tutto un risveglio di fiori, odori e colori....andando giù verso il Salento, terra meravigliosa, il panorama è quello che da sempre preferisco: il blu del mare, gli ulivi e i muretti a secco...terra e mare, terra e mare...

Mola
Il mio paesino...fin troppo tranquillo per qualcuno, ma va bene così penso io. Basta aprire la porta della caverna (dove abitavo...) ed arrivano gli amici, c'è il mare a due passi, si può uscire a piedi e senza avere un programma e qualcosa, cmq, si fa...a me basta questo, che ce posso fa? :-)

Mare
E' passato più di un anno dall'ultima immersione qui....ma non è solo un anno quello che è passato, è una vita, tante le cose successe e succedute...tornare è un pò riappacificarsi....chiedergli scusa per l'abbandono.
Sono giorni "pieni" e vissuti quelli che si passano al mare, lo penso da sempre, vecchie e nuove amicizie si intrecciano e si susseguono con estrema facilità, le emozioni e gli stati d'animo anche.... il "cinque" battuto in acqua con Corrado è la fine di un brutto sogno, è il ritrovare certi gesti, certe complicità che non sapevo se fosserò ancora lì dove le avevo lasciate...

Amici
Tanti. E tutti diversi.
Ci sono quelli di sempre, quelli con cui sono nato e cresciuto, quelli con i quali ci raccontiamo sempre e immancabilmente le stesse storie e sempre e immancabilmente alla fine scoppiamo a ridere come se fosse la prima volta che ce le raccontiamo.
E ci sono gli amici sub, quelli relativamente nuovi, ma "pesanti"! Pesanti perchè mi sono terribilmente mancati, perchè tornare a bere birra e falanghina sul porticciolo di Torre a Mare è un'esperienza che prima o poi tutti devono fare!

I Polpi
Durante l'immersione di Sabato, in risalita, trovo un polpo enorme (dopo alcune gesta moderate, tipo subacqueo in panico per intenderci, riesco ad attirare solo l'attenzione di Corrado...capisco che non tutti possano apprezzare l'avento, ma per noi Pugliesi, equivale alla visione dei pastori di Lourdes nella grotta :-) )scherzi a parte il polpo era enorme, non sono riuscito a vedere se stesse covando o meno, ma poco più in là un altro polpo, anch'esso enorme, morto, rotolava sul fondo, visibilmente vittima di un attacco....mi sono chiesto, e lo chiedo anche a voi, se potesse esserci un legame...due polpi così enormi nello stesso posto è uno strana coincidenza...sopratutto in un posto dove tutti sono affetti da octopusofagia! :-)
L'amica Kix mi ha svelato che le polpe (non dite polpesse altrimenti ci fa un trattato...) tardone si infuriano e se i polpi pischelli non si danno da fare (un buon motivo per essere polpi pensavo...) :-) ma la teoria non mi convince (in realtà me ne ha data una molto più che sensata, ma chi scrive è credibile come Emilio Fede al tg4...)

Rossana
E' il coronamento al Week End. Rossana è la figlioletta di due cari amici, Angelo e Feliciana; l'avevo vista solo poco tempo dopo la nascita, ma ora è già diversa, ed è bellissima. Dopo averla coccolata per un pò mi si è addormentata in braccio (nel senso che mi sta davvero su un braccio)...e mi si è spappolato il cuore.
E sono andato via, e ce l'ho ancora, con quella sensazione unica di pace che ti infonde un bimbo che ti dorme addosso...


Un bel Week End ragazzi...un gran bel Week End

lunedì 9 marzo 2009

Ben tornato!

Premessa:
Lo so, non scrivo da un pò, quindi scusatemi se sono arrugginito (arruginito nel dire cavolate, of course...); faccio finta che non ci siano state interruzioni, vado avanti a scrivere e a raccontare di quello che mi succede....
Fine premessa...:-)

Week End Viterbese; partito da Mantova Venerdì in serata ero in primis troppo stanco per arrivare a Bari e in secundis (ma se pò dì? Boh) le previsioni mettevano bel tempo (e bel mare) sul Tirreno e un pò meno bello (idem il Mare) nell'amata Puglia, quindi, arrivato a Bologna, prendo direzione Firenze e non penso alla pasta al forno di Mammà!
Il dubbio però mi attanaglia: avrò fatto bene? Avrò fatto male? Per fortuna ci pensa la radio a levarmi sto pensiero: davanti a me autostrada chiusa!! Si è ribaltato un tir con dei tori che ora, poverini, vagano per l'autostrada!! Allora, penso che la scelta è quella giusta...se c'è qualcosa che blocca entrata, dicevo quello lì, vuol dire che dietro c'è qualcosa di buono! Mi ripropongo allora di fare come il mio amato commissario...mangiare! Ma sull'A1 si sa Don Calogero non c'è (e neanche pesce fresco...), decido allora per una bella Fiorentina! Che bella lo sarà anche stata, ma buona...vabbè, ma è pappa (anche se poi mi ricordo che è Quaresima...e vabbuò, però non mi ero ricordato) insomma alla fine l'autostrada è ancora chiusa, la mia Donna (quella dentro il Tom Tom) mi dice di prendere strade che dir tortuose e sperdute è dir poco e allora, fermatomi alla classica sosta pipì, vengo attanagliato dalla paura della bimba col triciclo e fuggo via!(e sì sono fifone! :-) )

Insomma dopo tante peripezie eccomi finalmente a Viterbo...il Sabato passa tra servizi vari, bucato in lavanderia (che poi sta cosa delle lavanderia a gettoni...nei telefilm è sempre strapieno di fixx, io non ne ho mai visto l'ombra!)ma sopratutto ecco la telefonata che aspettavo...immersione per Domenica.... relitto....Civitavecchia...mare!!

Faccio spesa, torno a casa, stiro e preparo l'attrezzattura! (ma non riesco a montare la mia frusta Blu, uffa!)e sono pronto per l'indomani!

Domenica il tempo è a dir poco stupendo...è...è...è primavera!!
Il sole scalda e appena il mare mi si para davanti è un sogno! E' calmo come non lo era da tempo (e forse non dico solo fuori, ma anche all'interno...ma è una storia lunga, non vi tedio ;-) )raggiungo Santa Marinella dove Sergio e Paolo sono già arrivati e armeggiano con la loro attrezzattura...un pò di saluti e comincio ad assembl...ehm innescare l'attrezzatura...e senza giacca! Al sole, è una figata!
Ma da quand'è che non succedeva?!?

Non vi tedio neanche con tanti altri pensieri che mi passano per la testa in quei momenti, ma il tutto è tornare a qualche tempo fa, i gesti si rifanno automatici, il sapore del mare (che torno ad assaggiare appena siamo in navigazione...) è quello di sempre, il sole, i volti degli altri, l'attesa è tutto così bello...

La preparazione è veloce...e sono in acqua...visibilità pessima, ma non importa, è tutto il resto che è fantastico...la discesa nelb...ehm, in un colore indefinito :-), il respiro che sento diventare sempre più lento e profondo...l'Asia appare intorno ai 25, il ponte è all'incirca sui 30, il giro è breve, si arriva sui 36 all'incirca, delgi spirografi belli grandi, un bel gronco e le solite castagnole...ma poteva anche non esserci nulla, quello che conta è l'aver ritrovato certe sensazioni...

Si rientra con la piacevole sorpresa della focaccia bianca (bagnata anch'essa nella acqua di mare...) e quando sono sulla strada del rientro mi trovo un posto abbastanza isolato da permettermi di stare lì a sentirlo...e a salutarlo....come non facevo da un pò, come facevo sempre qualche tempo fa..

Della Domenica pomeriggio ricordo delle fantastiche Orecchiette Lardo, Pancetta e pomodorini e una montagna di roba da stirare :-)

P.s.=scusate la confusione, gli errori e i pensieri disconnessi....spero di avere in futuro il tempo per essere più chiaro e magari un pò più di dettagliato, ma mi andava di scrivere una cavolata ;-)

venerdì 20 febbraio 2009

1 2 3........Tutti giù per Belva!

Il titolo non significa nulla ma in compenso...è troppo divertente! :-)
Questo è il mio nuovo blog, resterà ancora per un pò "in incognito" in attesa di lavorarci un pò e renderlo un minimo presentabile....
E' il risultato di un anno non facilissimo e nemmeno fElicissimo ma quel che non ammazza fortifica e visto che riesco a scrivere ancora cavolate...direi che son vivo! :-)
Beh che dire...a presto!

martedì 3 febbraio 2009

Me piaci Mare

Me piace lu riflesu ca emana
me piace tutta g'energia ca sprigiona
sacciu ca se nu lu rispetti nu perdona
ma ci vive de mare sempre lu ama

RIT
oh ce me piaci mare
inchime la capu de sale
(de sule de sale de sule de sale)
de storie lontanee
a mille cose belle famme speraree

oh ce me piaci mare
(oh ce me piaci)
damme mprima chu culure
perce aggiu colorare
culuri grigi ca me fanno mpaccire…
egnu sempre quai
specie quandu cha le strade cede raggia
insegname tie
ge parole ca me dannu tanta calma
ogghiu sentu chu rusciu ca me facie capire
pe mie ede lu maestru ca me mpara a cantar
ma ci essimu denanzi a tie ma ci nu capisce
lancia sogni comu barche
ma nu te canusce

RIT

me libera deli pensieri
quannu me spogliu me futtu a mare
l'acqua ca me avvolge me dae na sensazione totale
de libertà e de enrgia ca me face sentire
ca è forte e ranne
e ca ede come a n'essere vitale
ca se ausa se bascia,se stizza,se calma,
ca tene na vita continua
de giurnu se cangia culure
e de notte face cu balla la luna
capace cu rida,cu fuce,cu dorme,cu rusce comu se sona..
musica comu mare
musica comu sule
me piace lu riflesu ca emana
me piace tutta g'energia ca sprigiona
sacciu ca se nu lu rispetti nu perdona
ma ci vive de mare sempre lu ama
egnu sempre quai
specie quandu cha le strade cede raggia
insegname tie
ge parole ca me dannu tanta calma
(la sai perceneee)
ogghiu sentu ng'ardore de mare
ca me dae piacere
me inche de sale
ogghiu bisciu la luce dellu sule
ca se specchia gia subbra e me dae nu bagliore
ogghiu sentu lu mare ca rusce
ca su n'onda veloce me porta e me nuce
te descrivo che tonalità
de na sciurnata de mare
ca pe tutti sai ca ede fonte vitale
settatu nanti a iddhru me mintu a meditare
me rilassu cu le storie de nu vekkiu pescatore
ca ntra lu mare troa lu bene comu lu male

oh ce me piaci mare
(oh ce me piaci)
inchime la capu de sale
cuntame de storie lontanee
a mille cose belle famme sperare
oh ce me piaci mare
(oh ce me piaci)
damme mprima chu culure
perce aggiu colorare
culuri grigi ca me fanno mpaccire…

lunedì 5 gennaio 2009

Così comincia

Preghiera per uno che si è perso, e dunque, a dirla tutta, preghiera per me.
Signore Buon Dio abbiate pazienza son di nuovo io.

Dunque, qui le cose non vanno bene, chi più chi meno ci si arrangi.....in pratica, si trova poi sempre il modo, il modo di cavarsela, voi mi capite, insomma, il problema non è questo.
Il problema sarebbe un altro, se avete la pazienza di ascoltare, di ascoltarmi.

Il problema è questa strada, bella strada, questa strada che corre e scorre e soccorre
ma non corre diritta come potrebbe e nemmeno storta come saprebbe no.
Si disfa.

Credetemi (per una volta credete voi a me) si disfa.

Dovendo riassumere dovendo, è andata prima un po' di qua e un po' di là e poi, presa da improvvisa libertà, è "puff", svanita, scomparsa, andata via, chissà dove...

Chissà.

Adesso, non per sminuire, ma dovrei spiegarvi questa cosa, che è cosa da uomini, e non è cosa da Dio, di quando la strada che si ha davanti si disfa, si perde, si sgrana, si eclissa, non so se avete presente, ma è facile che non abbiate presente, è una cosa da uomini, in generale, perdersi.

Non è roba da Voi.

Bisogna che abbiate pazienza e mi lasciate spiegare.
Faccenda di un attimo.
Innanzitutto non dovete farvi fuorviare dal fatto che, tecnicamente parlando, non si può negarlo, quella strada che corre scorre soccorre, sotto le ruote della mia macchina, ogni giorno, effettivamente, volendo attenersi ai fatti, non si disfa affatto. Tecnicamente parlando.

Continua diritta, senza esitazioni, neanche un timido bivio, niente. Dritta come un fuso. Lo vedo da me. Ma il problema, lasciatevelo dire, non sta qui. Non è di questa strada, fatta di terra e polvere e sassi, che stiamo parlando. La strada in questione è un'altra.

E corre non fuori, ma dentro.

Qui dentro. Non so se avete presente. la mia strada. Ne hanno tutti una, lo saprete anche voi, che, tra l'altro, non siete estraneo al progetto di questa macchina che siamo, tutti quanti, ognuno a modo suo. Una strada dentro, ce l'hanno tutti, cosa che facilita, per lo più, l'incombenza di questo viaggio nostro, e solo raramente, la complica. Adesso è uno di quei momenti che la complica.
Volendo riassumere volendo, è quella strada, quella dentro, che si disfa, si è disfatta, benedetta, non c'è piu. Succede. Credetemi.

E non è una cosa piacevole. No. Per Niente.

Io credo sia stato, Signore Buon Dio, sia stato, io credo, il mare.
Il mare confonde le onde, i pensieri, i velieri, la mente ti mente e le strade che c'erano ieri non sono più niente.

Tanto che credo, io credo, che quella vostra trovata del diluvio universale sia stata
in effetti una trovata geniale. Perché improvvisamente a voler trovare un castigo mi chiedo se qualcosa di meglio si poteva inventare che lasciare un povero cristo da solo in mezzo a quel mare.

Neanche una spiaggia.

Niente.

Uno scoglio. Un relitto derelitto.

Neanche quello. Non un segno per capire da che parte andare per andarci a morire.
Allora vedete, Signore Buon Dio,il mare è una specie di piccolo diluvio universale.
Da camera.
State li, passeggiate guardate respirate conversate lo spiate, da riva, s'intende, e quello intanto vi prende i pensieri di pietra che erano strada, certezza, destino e in cambio regala veli che ti ondeggiano in testa come la danza di una donna che ti farà impazzire.
Scusate la metafora.
Ma non è facile spiegare com'è che non hai più risposte a furia di pensare al mare.

Così adesso, volendo riassumere volendo, il problema è questo, che ho perso la strada e non so dove andare

Corre, la mia macchina corre, e io non so dove vado.

Penso alla risposta, e nella mia mente diventa buio.
Così questo buio io lo prendo e lo metto nelle vostre mani.
E vi chiedo Signore Buon Dio di tenerlo con voi un'ora soltanto
tenervelo in mano quel tanto che basta per scioglierne il nero per sciogliere il male che fa nella testa quel buio e nel cuore quel nero, vorreste?

Potreste anche solo chinarvi, guardarlo, sorriderne, aprirlo, rubargli una luce e lasciarlo cadere che tanto a trovarlo ci penso poi io.

Una cosa da nulla per voi, così grande per me. Mi ascoltate Signore Buon Dio? Non è chiedervi tanto chiedervi se. Non è offesa sperare che voi. Non è sciocco illudersi di. E' poi solo una preghiera, che è un modo di scrivere il profumo dell'attesa. Scrivete voi, dove volete, il sentiero che ho perduto. Basta un segno, qualcosa, un graffio leggero sul vetro di questi occhi che guardano senza vedere, io lo vedrò. Scrivete sul mondo una sola parola scritta per me, la leggerò. Sfiorate un istante di questo silenzio, lo sentirò. Non abbiate paura, io non ne ho.

E scivoli via questa preghiera con la forza delle parole oltre la gabbia del mondo fino a chissà dove.


Liberamente tratto e modificato da Oceano Mare.