Il mare mi apparve; che era infinito e tranquillo.
Era azzurro infinito, e nel lontano grandi strisce d'argento lo imbiancavano lunghe fino agli estremi orizzonti. La luce saliva dal mare, scendeva dal cielo, brillava nell'aria. Il mare era quieto e sicuro, solo un tremante margine di spuma sul lido tradiva il suo piacere di vivere. Azzurro e luce volavano sopra la terra. Il mare e il cielo respiravano luce e calore e ne inondavano il mondo.
I miei occhi si riempirono di lacrime tenere.
M'appoggiai allo spigolo di un muro. Ero nell'ombra, l'ombra del muro, che si stendeva fino a due passi da me stampata nera e diritta nella rena brillante: e oltre quella linea la rena continuava nella luce per un vasto spazio fino a un orlo di ghiaia dove finisce la terra.
Perché io sostavo così dentro quell'ombra del muro, per questo il mare non mi aveva ancora veduto.
Allora mi staccai dal muro e uscii all'aperto in mezzo a tutta la luce in faccia al mare.
Ed ecco di colpo s'oscurò rabbrividendo il sole e un tremito scosse il mondo come un gran terremoto dell'aria; d'improvviso tutto fu grigio e tempesta intorno a me, ed era spaventevolmente sconvolta la faccia del mare. Una ruga enorme d'un tratto l'avea tutta solcata dalla riva all'orizzonte come una voragine torbida, e poi altre cento o mille rughe lo frantumarono; caverne si scavarono e montagne s'arrampicarono: tutto si riaccavallò il mare di acque immerse che lo sconquassavano schiumando con una gran rabbia in tutte le direzioni. Le onde si mescolavano in alto con le nubi e riempivano l'aria di grida terribili correndo fragorosamente a rovesciarsi sempre più cavernose e colleriche contro la spiaggia: l'aria era piena di gelo e la sbattevano i venti. Anche il cielo era gonfio di nuvole e rabbioso e nero, perché il cielo non è che la fronte espressiva del mare.
Io fui subito molto contento che il mare mi trattava a quel modo. S'egli mi avesse accolto con indifferenza, o con una fredda e signorile cortesia come fa con certa gente, oppure - e ora confesso che questa era, fin dall'ora della mia partenza sul treno, il mio segreto timore - avesse addirittura finto di non riconoscermi, credo sarei morto dal dispiacere e dall'umiliazione. Invece il mare appena mi ebbe visto si corrucciò e m'aggredì con urli e minacciosi improperi, perché mi voleva ancora bene, come lui sa volere quando trova qualcuno che gli va a genio.
Perciò il mio cuore si gonfiò di gioia a quell'accoglienza iraconda. Non alzai verso lui le braccia, per un mio vecchio pudore dei gesti fatti; e nemmeno gli dissi nulla: neppure una parola. Credo che gli sorrisi.
Massimo Bontempelli, 1925
mercoledì 29 luglio 2009
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