mercoledì 25 marzo 2009

Uomini di mare

Visto che la vita da vagabondo lascia ben poco spazio al mare (e quel poco spazio è occupato dal maltempo....sgrunt!) il we passato è stata l'occasione per fare finalmente visita agli amici filibustieri...scriverei un bel post ma perchè privarvi dei meravigliosi testi e delle meravigliose foto dell'amica Franc...ehm pardon, Chicca o come dicon tutti Kix (oh, spero non stiate pensando che me al voglio scansare...:-pp)
Scherzi a parte una meravigliosa Domenica con Kix & Simo, Vale & Marco & il piccolo pesciolino, Cuggina (che ringrazio per aver pazientemente sopportato le mille e una domanda sulla vita dei polpi :-) )....insomma una bella domenica con chi il mare lo vive davvero....e allora mi sono ricordato di un bel testo letto tempo fa, che parla di gente di mare, che anche se il mare non è proprio lì a portata di mano


Non voglio ora discriminare tutta quella parte di umanità che per circostanze di vita o per occasioni mancate, ha eluso dall'esistenza il suo rapporto con il mare. Il mare è innanzitutto uno stato d'animo, un'inclinazione emotiva, una vocazione congenita alla propria natura.

Si può essere uomini (o donne) di mare anche restando una vita intera sulla terra, poiché l'esperienza reale è a volte più debole e meno avventurosa di un anelito interiore e di tutto ciò che esso può determinare nella vita solo pensata e immaginata.

Chi sono dunque gli uomini di mare? Ne ho incontrato qualcuno nel corso degli anni, più sui libri o nei sogni, a dire il vero, che sulle banchine di un porto; ma mettendo insieme i pezzi degli uni e i frammenti degli altri, mi sono fatta un'idea di cosa intendo quando penso ad un uomo di mare.

Penso ad un essere che nel volto esprime bellezza e tormento; penso ad una voce capace di note profonde come di smisurati silenzi; penso ad una disposizione del vivere che, come direbbe Benedetto Croce, sia "l'unione del tumulto e della calma, dell'impulso passionale e della mente". Penso, tuttavia, ad un essere in qualche modo eletto, la cui anima sia solcata dalla scia di un'eterna ribellione, da un moto di vitale tensione.

E immagino anche che un uomo di mare navighi tra i suoi giorni e le sue notti cercando approdo nell'arcipelago dei sentimenti estremi e contrapposti, e sfugga sempre agli ancoraggi definitivi e irrevocabili.

Gli uomini di mare a cui penso hanno dentro di sé cieli azzurri e tersi sopra mari in burrasca; cercano lagune radiose tra le scogliere battute dal vento, riescono a costruire castelli di sabbia su una riva saccheggiata dalle onde dell'oceano. Vivono insomma in quella selvaggia sponda della vita dove l'istinto e la ragione si combattono in un abbraccio inestricabile. Gli uomini di mare che vorrei incontrare hanno nei pensieri il respiro degli spazi sterminati, la perturbabilità delle emozioni, l'impeto di un'onda e la sua stessa resa.

Agli uomini di mare vorrei che il mare stesso avesse detto che quella solare superficie non è che l'altra faccia della sua profondità e che la calma di vento segue alla tempesta. Vorrei che dicesse loro, di come ogni ombra disegni l'esatto profilo del sole, così come ogni bagliore di felicità sia l'emersione dal sottofondo di un dolore.

Negli uomini di mare, le rare volte che li incontri, incroci quello sguardo impenetrabile di chi negli occhi riflette sempre un punto di fuga più lontano; è uno sguardo benevolo e fuggente; in quegli occhi, a guardar bene, vibra la luce di una cieca infatuazione per la libertà.

Gli uomini di mare che ho letto e visto hanno sempre qualcosa di tutto ciò che ho scritto: li attraversa una corrente, li lambisce un'illusione, li tiene in vita un orizzonte. Nessuno di essi ha l'animo legato ad un ormeggio, il cuore fermo in porto e una rotta già scritta sulla carta. Per tutti loro il mare, mi è sembrato di capire, è la terra di una vita promessa, è il ricordo di una libertà negata, il risveglio di una libertà sognata. O, più semplicemente, l'aspirazione ad una vita che viva sopra le righe, sopra le onde, sopra le ore e i giorni.


da "le parole del mare" di Valeria Serra

giovedì 19 marzo 2009

" Rais, ‘i purtasse ‘nterra "

Sto finalmente leggendo un libro che per un motivo o per l'altro non riuscivo mai a leggere, Corallari, di Ninni Ravazza. Il libro è davvero fantastico e così, per ogni autore che mi appassiona, poi comincio a cercare altre informazioni e altre storie, se le ha scritte.
Sono incappato in una serie di racconti sul sito Cosedimare e tra questi, c'era questa bellissima intervista ad uno degli ultimi Rais (i capi di tonnara); per quanto ad alcuni appare cruenta, l'attività di una tonnara era fatta da gente di mare, di vera genta di mare, che mai ha mancato di rispetto all'elemento.
Spero che piaccia anche a voi:

Il rais Isidoro “Sarino” Renda, recentemente morto a 93 anni, due terzi della sua vita l'ha vissuto nella tonnara e per la tonnara, dove ha ricoperto tutti gli incarichi, dal cordaro al capobarca, per divenire rais a soli 35 anni, allora il più giovane rais del Mediterraneo.
Con lui si è chiusa la generazione dei famosi rais Renda di Bonagia, che ha annoverato il nonno, il padre ed il cugino: Isidoro “Saroro”, Salvatore, Pio, infine lui Sarino, una stirpe di rais.
Per 34 stagioni è stato il comandante assoluto di reti, tonni e uomini, fino al 1979 quando un infarto lo obbligò ad una vita più tranquilla.
Cosedimare vuole ricordare rais Sarino pubblicando lo stralcio di una lunga intervista raccolta nel 2001 da Ninni Ravazza. E’ il rais che parla …



Sono entrato in tonnara che avevo 14 anni, abbuavo, vogavo, nella muciara di mio nonno rais Saroro, a 14 anni ho preso il remo, io la gavetta ho fatto! Poi sono stato capoguardia sul “rimorchio”, avevo quattordici persone al remo, allora non ce n’erano motori!

Un giorno del 1944 Mario Fontana, uno dei padroni della tonnara di Bonagia, mi chiamò e mi disse se me la sentivo di fare il rais, avevo 35 anni, diventai il più giovane rais della Sicilia; il primo anno ho preso 600 tonni, poi 800, poi anche 1200. Nel ‘63 abbiamo preso 700 e passa tonni, grossi, erano tutti contenti, il giorno dell’Ascensione a me mi vennero a prendere a casa con la musica, la banda; nel ’64 invece la stagione fu disastrosa, acque bianche, inutile mettere lo specchio a mare, le segherie scaricavano notte e giorno, prendemmo 40 tonni ma all’ultimo, perché l’acqua inchiariu un poco, il tonno vuole le acque limpide.

Quando nel 1965 alla tonnara di Bonagia subentrò la nuova società dissi all’amministratore che dovevamo andare fuori l’orlo, a 4 mila metri da terra, su un fondale di 57 metri; i padroni dissero va bene, feci il preventivo, e lì calammo: andò bene, facemmo una mattanza di 270 tonni con una media di 318 chili l’uno, un pesce di 200 chili non c’era, ni vittimu persi! Quell’anno abbiamo fatto più di 1.700 tonni, però la zona era troppo sofferente di corrente, l’acqua era chiara, ma la rete si strappava per la corrente.

Io quando ho cominciato a fare il rais guadagnavo 14 lire al giorno e quattro parti di migghiariato, il faratico ne guadagnava 6 e aveva una parte di migghiariato; il tonno a ‘gghiotta, ogni 400 tonni il più grosso, veniva diviso a tutta la ciurma ed era uguale per tutti.

Però non ho fatto il rais solo a Bonagia, negli anni ’50 e ’60 sono stato anche nelle tonnare di Libia, quelle dei trapanesi e anche quelle dei palermitani, e una volta dovevo calare anche una tonnara in Sardegna per conto della Contessa Rigotti di Roma, che era la proprietaria di una tonnara in Libia dove avevo lavorato, ma poi ci ripensò e non si fece niente.

Quante mattanze ho fatto, a Bonagia, Sancusumano, a Tripoli! Una volta era diverso, non è come oggi che i tonni si vendono ai giapponesi e il prezzo è sempre lo stesso, prima si doveva guardare il mercato, se i pesci mancavano allora il proprietario diceva di fare mattanza così il tonno aveva un prezzo buono: Rais, ‘i purtasse ‘nterra mi dicevano la sera.

Quando ho cominciato a fare il rais la mattina si usciva dal porto che era ancora buio, non c’erano i rimorchiatori a motore, si niscìa ‘u rimo. I rimorchi avevano un equipaggio di 15 persone, un capobarca, due marinai ‘a parte e dodici faratici, ogni rimorchio aveva quattordici remi, e aveva al traino il suo parascarmo o un vascello, ma anche le barche andavano a remi in tonnara. Per arrivare all’isola della tonnara di Bonagia ci mettevamo tre quarti d’ora, però sempre a ‘bbuare, a vogare, c’era gente pratica allora.

La ciurma cominciava a lavorare i primi d’aprile; quando era tutto pronto veniva il momento di comporre gli equipaggi delle barche. Il rais chiamava tutti, e divideva la ciurma; prima si sceglieva i suoi muciaroti, poi li faceva scegliere al sottorais, poi i capibarca facìano u toccu e cu niscia si sceglìa i soi. Dopo che la ciurma era stata divisa nelle barche, ogni equipaggio si prendeva il suo capobarca in braccio e se ne andavano alla “bottega del vino”, e il capobarca pagava da bere.

Allora ogni equipaggio voleva essere il migliore, c’era sempre una gara a chi arrivava per primo, i nassaioli erano bravissimi a vogare, a volte nella prescia di arrivare le barche sbattevano una contro l’altra, oppure se ne andavano in secca sul bassofondo.

La mattina del crociato il rais usciva prima con la muciara, e a remi se ne andava in tonnara; ogni equipaggio si imbarcava sul suo rimorchio, e si pigliava al traino il parascarmo che era di legno e più piccolino di ora, tutti si ammazzavano ai remi, e chi arrivava primo sul posto si metteva a vuciare per la soddisfazione.

Quando arrivavano i primi tonni c’era ‘a campaniata; di nascosto il capomuciara veniva a terra, gli altri non lo sapevano ma se lo immaginavano, entrava nello stabilimento dalla parte di Sant’Angelo, saliva sopra la torre e suonava, Ta ta ta, ‘na bedda scampaniata, allegria!

Quando era tempo di mattanza, l’amministratore della tonnara faceva venire allo stabilimento lo scapecere, ‘u barracchere capo della ciurma di terra, i bottai, entravano tutti assieme e preparavano le attrezzature, le botti, i coltelli.

Che si poteva mattanzare noi lo sapevamo la sera prima; la mattina uscivamo che era ancora buio, sulla muciara eravamo in otto, io, un capomuciara e sei remi, appena arrivavamo guardavo se i tonni erano nella cammara: lo specchio si cominciò a usare due anni dopo che sono diventato rais, prima c’era basso fondo, i pesci si ombravano, noi non entravamo nella “camera” se non usciva il sole, c’era delicatezza, ora si usano le reti di nylon ma prima bisognava stare attenti a non spaventare i tonni, perché potevano rompere le reti di cocco e fuggire dalla tonnara.

Se tutto era a posto e la corrente era propizia, si incasteddava, si mettevano le barche a quadrato con la rete tirata sui bordi, poi il sottorais mi domandava se poteva mollare ‘a porta cannapa, se la corrente era buona gli dicevo: Modda! e lui calava la porta che immette nel corpu, poi guardava come scendeva e mi rassicurava “s’arrisittàu a porta”; a quel punto si moddava a bastardella e io pregavo “Un credu ‘u Signuri”, e tutti rispondevano “Sia laurato!”.

Solo io sapevo quanti pesci c’erano nella camera, ma una volta che le porte erano aperte dovevo dire al mio sottorais quanti pesci c’erano, perché così poteva dare l’ordine di alzare le porte quando i tonni passavano: Mommo gli dicevo, Palermo, per esempio, perché prima gli facevo segno con le mani, ma tutti mi guardavano e allora potevano capire quanti tonni c’erano, e allora col sottorais Mommo Solina, che poi è diventato rais quando mi sono ritirato, usavamo parole scelte: Trapani voleva dire 50 tonni, Palermo era 100, Castellammare 150, e Messina 200, quando erano di più gli dicevo “oltre”, e così nessuno capiva niente.

Quando le porte erano mollate io con la muciara stavo al centro della cammara, e quando vedevo i tonni andare a ponente gli gridavo “Viri chi venno a ‘ttia” e allora tutti si mettevano pronti, poi finalmente il grido dei capibarca “Levaaa, Aisa!”, i tonni erano entrati nel corpu e i pescatori li avevano chiusi, stagghiati.

Il vascello di levante era pronto fuori, sottovento, gli uomini legavano la porta sul musarzio della porta cannapa e tiravano il vascello dentro, le barche piccole si levavano e tutti salivano sul vascello, io entravo nella leva, e passando accanto al sottorais gli chiedevo “Com’è, Mommo?” e lui mi diceva se erano passati tutti o eravamo arristati anniscati, io allora entravo nel corpu e mi mettevo a guardare: ccà sunno, allora i tonnaroti cominciavano ad assummare ‘u corpu, io col capomuciara stavo ‘nto mezzu ‘a leva, e davo gli ordini: trasi ‘u vascello, tènilo ritto, agguantalo, fallo camminare dritto, se c’era corrente auta era difficile tenerlo dritto, poi quando ‘a tunnina sparava c’era una grande confusione, e allora prendevo la sassola e ci jettava acqua ‘nfaccia ‘i tonnaroti, per calmarli: ascoltate a me, tu assumma, un ‘nni faciti iri tutti a ‘nna bbanna, bisogna arrivare ai stagghi con il vascello dritto perché se no si fanno pieghe e i tonni possono scaricare; quando il quadrato era chiuso davo l’ordine: ammuscedda! e allora cominciava la mattanza con le aste e i corchi.

Alla fine, quando tutti i tonni erano sul vascello, davo l’ordine: Modda! e i tonnaroti slegavano i muscedda, il vascello veniva trasportato a terra dal rimorchio, a remi.

A volte tonni ne prendevamo tanti e tanto grossi, che il vascello non riusciva a entrare nel porto di Bonagia e si arenava, e lo dovevamo tirare da terra con le funi; quando la barca arrivava sotto il malfaraggio, c’era un portone solo, era tutto balatato, i tonni si buttavano a mare, e da terra sette, otto persone se li tiravano; i tonni poi li portavano nello stabilimento i massari, un pesce di 150/200 chili se lo portava un uomo solo, se invece era di 250/300 chili si mettevamo in tre, uno in mezzo e due alle estremità, con le “cinghiette”, e lo aisavano. Poi li incominciavano a scugghiare, i padroni si mettevano davanti e guardavano, si levava il lattume e a ventre e ‘u camparioto si li portava nella camparìa. Quando eravamo ‘nto centro pisca e arrivavano più tonni, i tagliatori si svegliavano verso l’una e mezzo le due della notte, e si sentivano le grida, i vuttara che dicìano “Ettalo!” c’era a chianca, il massaro ci portava il tonno sulla chianca, e tac tac, si sentiva il rumore dei coltelli, e quando si cuoceva dal fumaiolo usciva l’odore aspro dei tonni.

martedì 17 marzo 2009

Un Gran bel Week End

Sono giorni che provo a mettere giu' il resoconto di questi giorni baresi ma non ci riesco!! Troppe le cose (belle) successe e troppo solitario il neurone per metterle in ordine, quindi, cercherò di riassumerle per grandi temi (e prego fin da ora la mia corretrice di bozze di correggere tutte le cavolate :-D ):

Puglia
E' la mia terra e la adoro! E' fantastica poi in questi giorni di quasi primavera...dopo l'inverno passato era tutto un risveglio di fiori, odori e colori....andando giù verso il Salento, terra meravigliosa, il panorama è quello che da sempre preferisco: il blu del mare, gli ulivi e i muretti a secco...terra e mare, terra e mare...

Mola
Il mio paesino...fin troppo tranquillo per qualcuno, ma va bene così penso io. Basta aprire la porta della caverna (dove abitavo...) ed arrivano gli amici, c'è il mare a due passi, si può uscire a piedi e senza avere un programma e qualcosa, cmq, si fa...a me basta questo, che ce posso fa? :-)

Mare
E' passato più di un anno dall'ultima immersione qui....ma non è solo un anno quello che è passato, è una vita, tante le cose successe e succedute...tornare è un pò riappacificarsi....chiedergli scusa per l'abbandono.
Sono giorni "pieni" e vissuti quelli che si passano al mare, lo penso da sempre, vecchie e nuove amicizie si intrecciano e si susseguono con estrema facilità, le emozioni e gli stati d'animo anche.... il "cinque" battuto in acqua con Corrado è la fine di un brutto sogno, è il ritrovare certi gesti, certe complicità che non sapevo se fosserò ancora lì dove le avevo lasciate...

Amici
Tanti. E tutti diversi.
Ci sono quelli di sempre, quelli con cui sono nato e cresciuto, quelli con i quali ci raccontiamo sempre e immancabilmente le stesse storie e sempre e immancabilmente alla fine scoppiamo a ridere come se fosse la prima volta che ce le raccontiamo.
E ci sono gli amici sub, quelli relativamente nuovi, ma "pesanti"! Pesanti perchè mi sono terribilmente mancati, perchè tornare a bere birra e falanghina sul porticciolo di Torre a Mare è un'esperienza che prima o poi tutti devono fare!

I Polpi
Durante l'immersione di Sabato, in risalita, trovo un polpo enorme (dopo alcune gesta moderate, tipo subacqueo in panico per intenderci, riesco ad attirare solo l'attenzione di Corrado...capisco che non tutti possano apprezzare l'avento, ma per noi Pugliesi, equivale alla visione dei pastori di Lourdes nella grotta :-) )scherzi a parte il polpo era enorme, non sono riuscito a vedere se stesse covando o meno, ma poco più in là un altro polpo, anch'esso enorme, morto, rotolava sul fondo, visibilmente vittima di un attacco....mi sono chiesto, e lo chiedo anche a voi, se potesse esserci un legame...due polpi così enormi nello stesso posto è uno strana coincidenza...sopratutto in un posto dove tutti sono affetti da octopusofagia! :-)
L'amica Kix mi ha svelato che le polpe (non dite polpesse altrimenti ci fa un trattato...) tardone si infuriano e se i polpi pischelli non si danno da fare (un buon motivo per essere polpi pensavo...) :-) ma la teoria non mi convince (in realtà me ne ha data una molto più che sensata, ma chi scrive è credibile come Emilio Fede al tg4...)

Rossana
E' il coronamento al Week End. Rossana è la figlioletta di due cari amici, Angelo e Feliciana; l'avevo vista solo poco tempo dopo la nascita, ma ora è già diversa, ed è bellissima. Dopo averla coccolata per un pò mi si è addormentata in braccio (nel senso che mi sta davvero su un braccio)...e mi si è spappolato il cuore.
E sono andato via, e ce l'ho ancora, con quella sensazione unica di pace che ti infonde un bimbo che ti dorme addosso...


Un bel Week End ragazzi...un gran bel Week End

lunedì 9 marzo 2009

Ben tornato!

Premessa:
Lo so, non scrivo da un pò, quindi scusatemi se sono arrugginito (arruginito nel dire cavolate, of course...); faccio finta che non ci siano state interruzioni, vado avanti a scrivere e a raccontare di quello che mi succede....
Fine premessa...:-)

Week End Viterbese; partito da Mantova Venerdì in serata ero in primis troppo stanco per arrivare a Bari e in secundis (ma se pò dì? Boh) le previsioni mettevano bel tempo (e bel mare) sul Tirreno e un pò meno bello (idem il Mare) nell'amata Puglia, quindi, arrivato a Bologna, prendo direzione Firenze e non penso alla pasta al forno di Mammà!
Il dubbio però mi attanaglia: avrò fatto bene? Avrò fatto male? Per fortuna ci pensa la radio a levarmi sto pensiero: davanti a me autostrada chiusa!! Si è ribaltato un tir con dei tori che ora, poverini, vagano per l'autostrada!! Allora, penso che la scelta è quella giusta...se c'è qualcosa che blocca entrata, dicevo quello lì, vuol dire che dietro c'è qualcosa di buono! Mi ripropongo allora di fare come il mio amato commissario...mangiare! Ma sull'A1 si sa Don Calogero non c'è (e neanche pesce fresco...), decido allora per una bella Fiorentina! Che bella lo sarà anche stata, ma buona...vabbè, ma è pappa (anche se poi mi ricordo che è Quaresima...e vabbuò, però non mi ero ricordato) insomma alla fine l'autostrada è ancora chiusa, la mia Donna (quella dentro il Tom Tom) mi dice di prendere strade che dir tortuose e sperdute è dir poco e allora, fermatomi alla classica sosta pipì, vengo attanagliato dalla paura della bimba col triciclo e fuggo via!(e sì sono fifone! :-) )

Insomma dopo tante peripezie eccomi finalmente a Viterbo...il Sabato passa tra servizi vari, bucato in lavanderia (che poi sta cosa delle lavanderia a gettoni...nei telefilm è sempre strapieno di fixx, io non ne ho mai visto l'ombra!)ma sopratutto ecco la telefonata che aspettavo...immersione per Domenica.... relitto....Civitavecchia...mare!!

Faccio spesa, torno a casa, stiro e preparo l'attrezzattura! (ma non riesco a montare la mia frusta Blu, uffa!)e sono pronto per l'indomani!

Domenica il tempo è a dir poco stupendo...è...è...è primavera!!
Il sole scalda e appena il mare mi si para davanti è un sogno! E' calmo come non lo era da tempo (e forse non dico solo fuori, ma anche all'interno...ma è una storia lunga, non vi tedio ;-) )raggiungo Santa Marinella dove Sergio e Paolo sono già arrivati e armeggiano con la loro attrezzattura...un pò di saluti e comincio ad assembl...ehm innescare l'attrezzatura...e senza giacca! Al sole, è una figata!
Ma da quand'è che non succedeva?!?

Non vi tedio neanche con tanti altri pensieri che mi passano per la testa in quei momenti, ma il tutto è tornare a qualche tempo fa, i gesti si rifanno automatici, il sapore del mare (che torno ad assaggiare appena siamo in navigazione...) è quello di sempre, il sole, i volti degli altri, l'attesa è tutto così bello...

La preparazione è veloce...e sono in acqua...visibilità pessima, ma non importa, è tutto il resto che è fantastico...la discesa nelb...ehm, in un colore indefinito :-), il respiro che sento diventare sempre più lento e profondo...l'Asia appare intorno ai 25, il ponte è all'incirca sui 30, il giro è breve, si arriva sui 36 all'incirca, delgi spirografi belli grandi, un bel gronco e le solite castagnole...ma poteva anche non esserci nulla, quello che conta è l'aver ritrovato certe sensazioni...

Si rientra con la piacevole sorpresa della focaccia bianca (bagnata anch'essa nella acqua di mare...) e quando sono sulla strada del rientro mi trovo un posto abbastanza isolato da permettermi di stare lì a sentirlo...e a salutarlo....come non facevo da un pò, come facevo sempre qualche tempo fa..

Della Domenica pomeriggio ricordo delle fantastiche Orecchiette Lardo, Pancetta e pomodorini e una montagna di roba da stirare :-)

P.s.=scusate la confusione, gli errori e i pensieri disconnessi....spero di avere in futuro il tempo per essere più chiaro e magari un pò più di dettagliato, ma mi andava di scrivere una cavolata ;-)